Das kaffeehaus

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Descrizione

Fassbinder epigono di Goldoni? Non è così tanto un’eresia. Le analogie possibili concernono il lavorare di getto, il fare altrettanto i comodi di molta committenza, il testimoniare i nuovi manierismi, il potere ricattatorio del denaro e della "fatuità". Non stupisce, in questo senso, che l’autore-regista tedesco rigeneri nel 1969 La bottega del caffè, con un nuovo atto di scrittura. Al posto di duelli verbali, vivaci e rapidi, al posto di raffinati lazzi e cascate di parole, prende ora piede un dialogo pacato e controllato, fervidamente lascivo, turpemente romantico, con un cordoglio rappreso di fondo e con un’allegria di ceto strafottente. Fassbinder ha rimodellato a più riprese i classici, traendone scomplessate intrusioni, letture irrequiete e mai solo "a fronte". Qui, anziché l’archetipo della Piazzetta veneziana, per Kaffeehaus aveva concepito un piano-bar di belli e dissipati, un viavai di lenoni e donne oppresse, piccoli avventurieri redenti, scipiti parassiti. Alla frenesia settecentesca si sostituisce una morbosa apatia che reca però con sé i misteri della grazia. I personaggi sono tutti assai più ricattabili che in Goldoni, e al centro c’è un Don Marzio degli anni di piombo, mestatore e supervisore come appunto amava insaziabilmente essere, fuori d’ogni canone, Fassbinder.

RAINER WERNER FASSBINDER (1945-1982), accanto alla nota attività di regista cinematografico, ha svolto per molti anni un intenso lavoro di regista teatrale e di drammaturgo. Tra i suoi testi più diffusi, ricordiamo: Katzelmacher (1968), Il soldato americano (1968), Preparadise sorry now (1969), Das Kaffeehaus (1969), Sangue sul collo del gatto (1971 ), Le lacrime amare di Petra von Kant (1971), Libertà a Brema (1971), I rifiuti, la città, la morte (1976).

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